Adesso è tempo di “cambiare verso alla scuola” con una strategia vincente oppure il governo continuerà a rifilarsi altri autogoal

Adesso è tempo di “cambiare verso alla scuola” con una strategia vincente oppure il governo continuerà  a rifilarsi altri autogoal

 
Il Sottosegretario Reggi  ed il Ministro Giannini vogliono portare in consiglio dei ministri la proposta di aumento delle ore di lavoro da 18 a 36, scuole aperte dalle 7 alle 22 e fino a tutto il mese di luglio.
Il Sottosegretario Reggi per dimostrare la bontà della proposta ha affermato che “tutte le ricerche internazionali concordano sul fatto che gli insegnanti italiani lavorano meno, guadagnano meno e non fanno carriera…”.
Orbene, siamo tutti d’accordo che gli insegnanti italiani sono sottopagati e che non c’è una carriera se non quella misurata sull’anzianità di servizio, ma dire che “lavorano meno” è del tutto infondato.  Ci ritroviamo, per l’ennesima volta, a dover precisare che il lavoro dell’insegnante comprende un monte ore dedicato alle lezioni curriculari ed un monte ore dedicato alle attività funzionali all’insegnamento, quali la pianificazione e preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti in classe,  gli incontri con le famiglie, la partecipazione agli organi collegiali, le valutazioni, nonché le attività extrascolastiche (visite d’istruzione, orientamento scolastico ed universitario, ecc.).
Sommando le predette ore di lavoro svolte durante l’anno  da ogni singolo insegnante, si arriva a un carico di lavoro annuale – secondo  l’indagine empirica svolta dall’Istituto “Apollis” nel 2005 tra gli insegnanti dell’Alto Adige – nella misura di 1.600 ore per la scuola secondaria di 2° grado, di 1.579 per la scuola secondaria di 1° grado e di 1.586 ore per la scuola primaria. Una media, quindi, per ogni docente di circa 40 ore settimanali per 10 mesi da settembre a giugno. Anche i docenti di religione non sono d ameno; infatti la predetta ricerca ha quantificato il lavoro degli insegnanti di religione nella scuola primaria in 1.619 ore annue (40,47 ore settimanali), nella scuola secondaria di 1° grado in 1.812 (45,30 ore settimanali) e nella scuola secondaria di 2° grado in 1.439 ore annue (  35,97 ore settimanali).
Tutto ciò sfata il luogo comune di brunettiana memoria dei docenti “fannulloni”.  Pensavamo anche di aver superato il “drammatico” periodo politico di svalutazione della scuola e dei suoi operatori, ma la prospettiva di un aumento generalizzato del carico di lavoro a fronte di un adeguamento stipendiale non quantificato, ci fanno pensare che l’obiettivo sia ancora una volta esclusivamente quello di tagliare ulteriormente posti di lavoro.
Infatti con l’orario a 36 ore settimanali saranno i docenti  in servizio nello stesso istituto a sopperire alle necessità delle supplenze, senza ulteriore riconoscimento economico.
E’ un’idea non nuova: anche il governo Monti tentò di aggiungere 6 ore settimanali di lavoro da prestare gratis.  
Oggi il governo Renzi, che poche settimane fa ha dimezzato i permessi sindacali (da settembre i supplenti annuali che erano in servizio sulle ore di chi era impegnato in sindacato resteranno a casa, quindi di fatto nuovi tagli e nuovi disoccupati), ora prospetta di imporre attraverso un disegno di legge, ossia un atto politico unilaterale,  tematiche che riguardano la contrattazione.   Dare voce alla rappresentatività dei lavoratori sarà sempre più difficile e la “partecipazione” sindacale alle scelte sarà ulteriormente indebolita: il personale della scuola sarà destinatario di norme organizzative dalla cui elaborazione sarà stato estromesso.
Il Sottosegretario Reggi, a seguito delle proteste levatesi da più parti, ha poi precisato che non  si riferiva  ad un aumento del tempo di insegnamento e che la sua intenzione  era quella «di dire "valorizziamo il tempo che si sta a scuola". Tanti ci stanno già 36 ore e vengono valorizzati come quelli che non ci stanno e questo non va bene. Sminuisce l'intervento di questi insegnanti e non consente di avere un modello di riferimento da imitare. (…) la potrei ridire così: saranno riconosciute attività a scuola fino ad un massimo di 36 ore».
Ora, è necessario capire se nel programma del PD per le elezioni del 2013 e poi in quello di Matteo Renzi per le primarie del dicembre 2013, c’è l’idea di fare le riforme della scuola senza i docenti e di aumentare il carico di lavoro degli stessi senza una adeguato miglioramento remunerativo. Il programma  “L’Italia giusta. Dove il futuro si prepara a scuola”  recita testualmente: “Con il prossimo contratto nazionale di lavoro, vorremmo consentire agli insegnanti di scegliere fra due opzioni: la prima è quella attuale di 18 ore settimanali di lezione; la seconda è un orario per cui le attività svolte oggi a casa, come la correzione dei compiti, la ricerca didattica, ecc. vengono svolte direttamente a scuola nel pomeriggio. Ovviamente chi sceglie la seconda opzione dovrà essere retribuito maggiormente, avvicinandosi ai migliori livelli europei”. Matteo Renzi nella mozione per la sua candidatura a segretario del PD nel dicembre 2013 ha testualmente dichiarato: “Abbiamo permesso che si facessero riforme nella scuola, sulla scuola, con la scuola senza coinvolgere chi vive la scuola tutti i giorni. Non si tratta solo di un autogol tattico, visto che comunque il 43% degli insegnanti vota PD. Si tratta di un errore strategico: abbiamo fatto le riforme della scuola sulla testa di chi vive la scuola, generando frustrazione e respingendo la speranza di chi voleva e poteva darci una mano. Il PD che noi vogliamo costruire cambierà verso alla scuola italiana, partendo dagli insegnanti, togliendo alibi a chi si sente lasciato ai margini, offrendo ascolto alle buone idee, parlando di educazione nei luoghi in cui si prova a viverla tutti i giorni, non solo nelle polverose stanze delle burocrazie centrali”.
Pertanto, se si vuole davvero cambiare “verso alla scuola italiana”, è necessario che il Sottosegretario Reggi apra uno spazio di confronto anche sulle altre questioni sollevate nei suoi interventi e che tante perplessità hanno suscitato (es. valutazione del merito usata “per elargire premi o come randello da sbattere in testa” ai docenti). Quanto alle scuole aperte fino a sera (da valutare con attenzione la concreta fruibilità da parte degli studenti, spesso residenti in altri Comuni) la proposta rischia, banalmente, di naufragare dinanzi ai soli costi di gestione.  Come sanno bene alunni ed insegnanti, spesso, d’inverno, si è costretti a stare in classe con sciarpa e guanti di lana per mancanza di fondi sufficienti a sostenere le spese di riscaldamento.  La scuola italiana manca dell’indispensabile ma, evidentemente, a ciò sopperisce la dedizione di chi vi opera.
Il mondo della scuola va cambiato per favorire il successo scolastico dei nostri studenti e per valorizzare il lavoro dei docenti.  I partiti di governo aprano, quindi, un confronto con tutti gli operatori della scuola e con i sindacati, con le famiglie e con gli studenti e poi si dia avvio ad una concreta progettazione: i processi di cambiamento vanno condivisi, non imposti.
Diversamente il Governo si ritroverà con un ulteriore “autogol  tattico”.
 
Orazio Ruscica
Snadir - Professione i.r. - 22 luglio 2014
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