Concorso di religione: l’ingiustizia di un testo iniquo, discriminatorio e banale

L’intervista all’On. Toccafondi pubblicata sul portale Orizzonte Scuola del 17 dicembre è un ulteriore e importante segnale dell’attenzione dedicata alla problematica del precariato degli insegnanti di religione. Gli scambi di opinione sull’argomento tra forze politiche e sindacati avranno certamente consentito ai docenti diretti interessati di formarsi una propria opinione. 

In questo tempo ristretto che ci separa dal voto del Senato vorremmo provare, in estrema sintesi, partendo dalle stesse parole dell’On. Toccafondi a motivare l’amarezza della categoria.
 
L’On. Toccafondi specifica che “il mio primo obiettivo è sempre stato quello dei due concorsi: ordinario e riservato, così come per tutti gli altri insegnanti”.   Ma se questo è stato il primo obiettivo, tra l’altro condiviso dai sindacati, perché poi si è scelto un percorso diverso, diversificando la posizione degli insegnanti di religione rispetto a tutti gli altri insegnanti?
 
L’On. Toccafondi, poco oltre, nella sua intervista ribadisce ulteriormente: “Avremmo preferito due concorsi, uno riservato e uno ordinario, ciascuno per il 50% dei posti, ma non è stato possibile”.  Ancora una volta non si chiarisce perché mai non è stato possibile un concorso straordinario riservato ed uno ordinario?
 
La responsabilità per sedici anni di ritardo dello Stato nel bandire un nuovo concorso per gli insegnanti di religione viene scaricata sulle loro stesse spalle. Ai precari che chiedono certezze sarà offerto un meccanismo concorsuale che, dopo sedici e più anni, invece di confermarli nel posto di lavoro potrà rimandarli a casa.
 
Inoltre, un testo di legge che ribadisce una norma già contenuta in una disposizione di legge precedente, cioè che si debba svolgere un concorso ordinario (così come previsto dalla legge 186/2003), è banale. Affermare poi che il concorso debba svolgersi d’intesa con la Cei vuol dire andare oltre le determinazioni della revisione concordataria (legge 121/1985). Infatti in questo testo di livello internazionale non è previsto che la procedura di assunzione sia sottoposta ad un’intesa successiva: un testo quindi che fa indietreggiare lo Stato dalle sue esclusive prerogative.

È più che sufficiente per riaffermare con forza che l’art.1-bis è iniquo, discriminatorio e banale.

Orazio Ruscica

Segretario Nazionale

Snadir - Professione i.r. - 18 dicembre 2019, h.12,40

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