Carlo Troilo: “Gli insegnanti di religione non possono insegnare educazione civica”. Lo Snadir risponde alle provocazioni del giornalista

Non poteva mancare, come da copione, la polemica del tutto pretestuosa ai danni degli insegnanti di religione sollevata dall’ennesimo giornalista di turno. Questa è la volta di Carlo Troilo che sulle pagine de «Il Fatto Quotidiano» firma un articolo intitolato “Educazione civica, una materia vuota”.

Le farneticazioni di Troilo non si limitano a riportare e avvalorare la recente contestazione dell’Uaar – Unione degli Atei e Razionalisti Italiani – in merito alla richiesta legittima di alcuni insegnanti di religione di poter insegnare anche l’educazione civica. Ma sconfinano nell’assurdo arrivando a proporre l’abolizione dell’ora di religione colpevole, a suo dire, di intaccare la laicità dello Stato e di assommare privilegi economici alla Chiesa.
 
Inutile dire che il pensiero di Troilo risulta fallace su entrambi i punti. Di seguito ne spieghiamo brevemente i motivi.
 
La trasversalità dell’educazione civica, introdotta dalla Legge 92/2019 fa sì che essa debba essere impartita non da un singolo docente come succede per le altre materie, ma gestita a partire da un’azione didattica condivisa che attraversa tutte le altre discipline per cogliere, in ciascuna di esse, quegli elementi culturali ed educativi peculiari, che arricchiscano la struttura portante del futuro cittadino europeo, oltre che italiano.
 
Essendo dunque la nuova materia inserita a coronamento della formazione civile e civica dei futuri cittadini, ogni insegnante metterà in campo le proprie conoscenze e competenze, che devono funzionare come tassello del grande mosaico che è quello di una futura personalità umana.
 
Adesso, essendo l’insegnamento della religione  parte integrante del curricolo scolastico e del consiglio di classe, è chiamato anche esso in causa nell’insegnamento di questa nuova Educazione civica e conseguenzialmente può offre un importante contributo allo sviluppo specifico delle competenze proprie di questa nuova disciplina.
 
Lo stesso insegnamento della religione, avendo il compito di analizzare, studiare e scoprire i principi religiosi del cattolicesimo che sono iscritti nelle categorie storiche del nel patrimonio storico e culturale del popolo italiano, favorisce l’acquisizione della cultura per la formazione dell’uomo e del cittadino. È proprio questo uno dei nuclei fondanti dell’insegnamento della religione: analizzare la cultura italiana, anche nella sua nuova dimensione europea, nei suoi vari aspetti e scoprirne la portata religiosa, in sé insita.
 
Lo ripetiamo: l’insegnamento scolastico della religione trova spazio nella scuola italiana per via di un riconoscimento oggettivo da parte dello Stato, che lo considera portatore di grande forza educativa, nonché di contenuti culturali e formativi della persona, al pari delle altre discipline. Non si mette in alcun modo in discussione la laicità dello Stato, come paventato da Troilo, ma si tratta di offrire agli studenti gli strumenti culturali sufficienti per comprendere la realtà che li circonda, fornendo loro strumenti e contenuti e educandoli “all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace”.
 
Ancora una volta, gli attacchi ricevuti sono fuorviati da un vizio di fondo: quello di equiparare l’ora di religione a un’ora di catechesi, invece di considerarla per quello che è, ossia un’ora di formazione culturale indispensabile per cogliere aspetti fondamentali della vita, dell’arte, delle tradizioni del nostro Paese, di quell’insieme di regole, precetti e valori che appartengono alla coscienza collettiva del nostro Paese e anche per poter meglio confrontarsi con altre religioni e altri sistemi di significato, così da avere una visione sistematica della complessità dell’esistenza umana.
 
Orazio Ruscica, Segretario nazionale

Snadir - Professione i.r. - 12 gennaio 2021 - h.10,00 
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