Il piano del PD sulla scuola tra luci ed ombre

Il piano del PD sulla scuola tra luci ed ombre

 
Il documento su cui sta lavorando il responsabile Scuola e welfare del PD, On. Davide Faraone – secondo le anticipazioni date ieri dal quotidiano Repubblica – dovrebbe stabilizzare il precariato in pochi anni, modificare i paletti della legge Fornero per le pensioni dei docenti, affidare l’assunzione dei docenti ai dirigenti scolastici e creare facoltà ad hoc per l’insegnamento.
In attesa di leggere il documento ufficiale e di confrontarci con il Governo, valutiamo positivamente l’intenzione di immettere in ruolo tutti i precari e di modificare gli iniqui paletti imposti dalla legge Fornero. E’ un’operazione oggettivamente possibile tenuto conto del progressivo aumento del numero dei docenti che matureranno i requisiti per la pensione e, aggiungiamo noi, “politicamente giusta” tenuto conto che il precariato è determinato anche dalla scelta dell’Amministrazione scolastica di impiegare con contratti annuali anche il personale che viene chiamato a colmare le oramai consolidate e pluriennali necessità di organico.
Riteniamo inutile l’istituzione di una laurea specifica per l’insegnamento: già esiste un eccellente titolo universitario per gli insegnanti di scuola primaria e dell’infanzia, mentre per la scuola secondaria occorre una specializzazione in base alla disciplina di insegnamento. La “specificità”, in quest’ultimo caso, potrebbe essere data dalla possibilità di integrare il proprio percorso di studi, per coloro che aspirano all’insegnamento, con esami opzionali inerenti i complessi e diversificati temi della didattica.
Bocciamo senza possibilità di appello l’assunzione diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici; agli incarichi a tempo indeterminato nella scuola pubblica statale si accede, nel rispetto della Costituzione, attraverso concorsi. Rimane poi da decifrare il controverso tema del “merito”. Chi sono, nella scuola, gli insegnanti “meritevoli” di una progressione di carriera non più fondata solo sull’anzianità? Forse gli insegnanti con un alto numero di alunni promossi? O quelli che hanno conseguito una pluralità di titoli culturali? Oppure quelli disponibili a dare un tempo più ampio agli interventi didattici?
Auguriamoci che le forze politiche e di governo consentano e sollecitino un dibattito tra gli operatori della scuola affinché siano essi stessi coautori di un cambiamento che non può essere sempre e solo calato dall’alto così come è avvenuto per le “riforme” imposte in questi anni.
Riteniamo, quindi, il tempo maturo perché il nuovo Governo dia risposte positive anche ai docenti di religione: proroga della graduatoria del 2004 fino al 2019 e indizione di un nuovo concorso per l’insegnamento della religione.
 
Orazio Ruscica
 
Snadir - Professione i.r. - 22 febbraio 2014
 
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