TUTOR: UNO
PER CLASSE.
PERCHÉ NON TRE?
Durante le prove di esame orale del concorso
riservato degli insegnanti di religione alcuni commissari
si sono dilettati nel precisare che l'unica funzione introdotta
dall'attuale legge-delega di riforma del sistema di istruzione
e formazione è quella del tutor. Ma è proprio
così? Se andiamo a leggere la legge-delega n.53/2003
non troviamo alcun riferimento a questa controversa figura
professionale. Le uniche norme che ne tratteggiano le competenze
sono il decreto legislativo n.59 del 19 febbraio 2004, la
circolare ministeriale n.29 del 5 marzo 2004 e le Indicazioni
Nazionali (allegati A, B e C). I decreti attuativi della
riforma devono definire le norme oggetto di delega, quindi
sembrerebbe che la funzione di tutor, non essendo stata
prevista nelle legge-delega, debba essere affrontata con
una apposita legge e definita meglio in una contrattazione
con le organizzazioni sindacali.
Non
è nostro stile sottrarci al dibattito in corso (magari
trincerandoci dietro ad infantili: no!), pertanto riteniamo
utile dire qualcosa a proposito di questi famigerati tutor
che hanno fatto perdere il sonno a diversi insegnanti della
scuola primaria.
Occorre prima di tutto chiarire se le funzioni previste
per il tutor sono di esclusiva competenza di un insegnante
o di tutti i docenti. L'assistenza tutoriale a ciascun alunno,
il rapporto con le famiglie, l'orientamento per le scelte
delle attività opzionali, il coordinamento delle
attività didattiche ed educative e la cura della
documentazione del percorso formativo sono tutte attività
che il contratto collettivo nazionale di lavoro assegna
a ciascun docente. Infatti il Contratto Collettivo Nazionale
di Lavoro del 24 luglio 2004 all'art.25 recita testualmente
"La funzione docente realizza il processo di insegnamento/apprendimento
volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile
e professionale degli alunni, sulla base delle finalità
e degli obiettivi previsti dagli ordinamenti scolastici
definiti per i vari ordini e gradi dell'istruzione. (..)
i docenti, nelle attività collegiali, elaborano,
attuano e verificano, per gli aspetti pedagogico - didattici,
il piano dell'offerta formativa, adattandone l'articolazione
alle differenziate esigenze degli alunni e tenendo conto
del contesto socio - economico di riferimento",
e all'art.25 definisce il profilo professionale dei docenti
come il possesso di "competenze disciplinari, psicopedagogiche,
metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di
ricerca, tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano
col maturare dell'esperienza didattica, l'attività
di studio e di sistematizzazione della pratica didattica."
Pertanto i compiti di counselling, coaching, holding, e
cioè di orientamento, allenamento e sostegno sono
mansioni che appartengono a tutti i docenti, a meno che
non si voglia incominciare ad introdurre una diversificazione
della carriera tra docenti esperti e non. A tal proposito
è importante ricordare che attualmente sono in discussione
alla commissione Cultura della Camera i due progetti di
legge presentati nel giugno 2003 dagli onorevoli Paolo Santulli
di Forza Italia (n. 4091) e Angela Napoli di Alleanza nazionale
(n. 4095), i quali ripropongono una articolazione della
professione docente in tre livelli: iniziale, ordinario
ed esperto, corrispondenti - rispettivamente - ai 7°,
8° e 9° livello degli inquadramenti previsti per
il personale dello Stato; secondo i predetti progetti di
legge ai docenti esperti competono responsabilità
relative alla formazione iniziale e di aggiornamento, di
coordinamento, di valutazione interna e di collaborazione
con il dirigente scolastico. Il rischio di avviarci verso
una scuola dove ci sono insegnanti di seria A e di serie
B è alle porte. Tant'è che la funzione tutoriale
ha incominciato a far emergere forti attriti tra i colleghi,
in particolare tra coloro che hanno dato la disponibilità
a svolgere funzione di tutor e gli altri che sono stati
esclusi da tale funzione (per verificare l'esattezza dell'affermazione
vi invito assistere ad uno dei tanti collegi docenti di
scuola primaria).
E' vero che la funzione tutoriale nella scuola primaria
è quella che crea più problemi, ma non è
da meno quella prevista per la scuola dell'infanzia e per
la scuola secondaria di primo grado. Tanto per fare qualche
esempio occorrerebbe spiegare la contraddizione esistente
nella funzione di tutor presente nelle Indicazioni Nazionali
sull'attività educativa nella scuola dell'infanzia;
da una parte si afferma che la funzione di tutor è
assolta da tutti i docenti di sezione, dall'altra si sostiene
che è una singola figura.
Ma torniamo al tutor previsto per la scuola primaria. In
questi primi mesi del nuovo anno scolastico ci si è
quasi accapigliati per assicurare alle prime classi un tutor
con un'attività di insegnamento non inferiore a 18
ore settimanali. In questo modo, tenendo presente per comodità
il vecchio modulo, in ogni due prime (seconde o terze) classi
sono stati assegnati due docenti tutor con un orario non
inferiore a 18 ore per classe, per cui il terzo insegnante
deve recuperare le ore di insegnamento frontale in altre
classi; è indubbio che in questo modo si avrà
nel tempo una riduzione dell'organico. Questa soluzione
penalizzante non è la sola possibile; infatti la
scelta dell'insegnante prevalente (18 ore) deriva da una
applicazione di un testo che attualmente è provvisorio
ed è di in contraddizione con il decreto legislativo
59/204. E' noto che l'allegato B "Indicazioni Nazionali
per i Piani di Studio Personalizzati nella scuola primaria"
stabilisce che il tutor fino al primo biennio "svolge
attività educative e didattiche in presenza con l'intero
gruppo di allievi che gli è stato affidato per l'intero
quinquennio, per un numero di ore che oscillano" da
18 a 21 ore settimanali.
Invece il decreto legislativo 59/2004 all'articolo 7, comma
6 stabilisce che il docente al quale sono affidati i compiti
di tutor assicura, nei primi tre anni della scuola primaria,
"un'attività di insegnamento agli alunni non
inferiore alle 18 ore settimanali". Quindi la norma
a cui fare riferimento è il decreto legislativo che
non vincola l'attività di insegnamento alle 18 ore
settimanali in presenza con l'intero gruppo di alunni. Ed
è allora possibile nella logica della autonomia assegnare
ai tre insegnanti (vecchio modulo) un maxi gruppo di 40
alunni (= le due classi del precedente modulo) e creare
tre sottogruppi di 13, 13 e 14 alunni a cui assegnare un
docente tutor. In questo modo ognuno dei tre docenti svolge
l'attività di insegnamento di 18 ore sul maxi gruppo
e quella di tutor sul sottogruppo di 13, 13 e 14.
Questa soluzione è rispettosa del principio della
personalizzazione dei piani di studio e della responsabilità
orientativa di docenti; inoltre salvaguarda la contitolarità
didattica dei docenti e recupera le migliori esperienze
della scuola primaria avviate con la legge 148/1990.
Una sua applicazione diffusa in tutte le scuole primarie
costringerebbe il Miur ad abrogare il comma 6 dell'art.7
del decreto legislativo n.59/2004, riconducendo così
la funzione tutoriale al profilo professionale di ogni docente.
Orazio Ruscica