La Buona Scuola per chi? Cronaca di un ddl - approvato oggi alla Camera - che porterà alla privatizzazione della scuola e a stipendi da apprendistato.

La Buona Scuola per chi?

Cronaca di un ddl  - approvato oggi alla Camera - che porterà alla privatizzazione della scuola e a stipendi da apprendistato.
 
 
 
Il Dott. Renzi ha rotto dunque gli indugi ed è sceso in campo per difendere la sua riforma, segno evidente che il Ministro dell’Istruzione è ritenuto poco adatto a sostenerne le ragioni (ammesso che ce ne siano). I colleghi hanno trovato nella email istituzionale (quella con il dominio @istruzione.it ) una lettera e un video; un tentativo di colpire con un destro e un sinistro i docenti della scuola italiana e tutto il sistema d’istruzione. Colpi che però sono andati a vuoto e hanno rischiato di far perdere al “pugile” l’equilibrio, così da lasciare spazio sufficiente al personale della scuola di mettere al tappeto queste “deliziose” riforme.
Il video  - che mostra Renzi come un novello maestro Manzi - esibisce un Presidente del Consiglio che non sa distinguere tra aggettivo e sostantivo. Infatti al punto 2 si avventura nella spiegazione della necessità di una cultura umanistica, scrivendo invece “cultura umanista”. Ovvia l’immediata reazione dei social (twitter e facebook), che ne hanno fatto un facile bersaglio.
Ma oltre agli strafalcioni, il video e la lettera contengono delle inesattezze. L’alternanza scuola-lavoro (art.4) è una riforma pensata soltanto come preparazione al mondo del lavoro; nel ddl  Diventa un apprendistato camuffato che viene condizionato dalle imprese e dai privati disponibili ad accogliere gli studenti. Inoltre, l’alternanza scuola-lavoro, nella misura di 400 ore per gli istituti tecnici e professionali e di 200 ore per i licei, è possibile svolgerla solo nei periodi di sospensione dell’attività didattica: quindi l’affermazione che “i giorni di vacanza non si toccano” è da imputare ad una mancanza di conoscenza del ddl 2994. In realtà la formulazione dell’art.4 del ddl 2994 così come è stato proposto porta ad una deriva aziendalistica della scuola; noi riteniamo che sarebbe più opportuno implementare il lavoro nei laboratori della scuola con la presenza dei docenti specializzati ed eventualmente con la  compresenza di esperti del settore.
Secondo Renzi, i Dirigenti scolastici non sono dei “barracuda”, degli “sceriffi”, dei “rambo”. L’art.9 del ddl 2994 dice che i Presidi scelgono i docenti da assumere per incarichi triennali rinnovabili e che i docenti devono essere d’accordo (ringraziamo per aver lasciato la libertà di accettare oppure no): essi possono anche decidere di utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per cui sono abilitati. Quindi, non è più il docente che decide in quale scuola andare (qualora ci sia posto), ma il Preside. Certo non è uno sceriffo, ma certamente assomiglia molto a un padrone. Ma la scuola è una “comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici” (dpr 235/2007): soltanto il rispetto della visione praticata di scuola come comunità scolastica potrà evitarle di cadere nella vuota autonomia. Oggi, essendo l’Autonomia garantita già a livello Costituzionale, una vera riforma scolastica si realizzerebbe attraverso un rilancio della partecipazione degli organismi collegiali della scuola, intesa come comunità educante. Un rilancio dunque della scuola dove ogni componente contribuisce con la propria competenza e nella diversità dei ruoli ad assicurare il successo scolastico degli studenti: in breve, una scuola con una visione diversa da quella aziendalistica e privatistica presente nel progetto di Riforma Renzi..
L’art.13 del ddl 2994 prevede che il comitato di valutazione, composto dal Dirigente scolastico  e da due docenti nella scuola dell’infanzia e in quella del primo ciclo di istruzione, dal Dirigente, da un docente e da uno studente nel secondo ciclo di istruzione, stabilisce i criteri per la distribuzione di un “bonus” ai docenti meritevoli ed esprime il parere sul superamento del periodo di prova. Risulta evidente la diversità delle competenze e dei ruoli, il che mette a serio rischio una valutazione che spetta esclusivamente ad organi collegiali  appartenenti alla stessa componente.
Inoltre, è stata decisamente rifiutata (vedi risultati delle indagini sul progetto La Buona scuola nel periodo settembre/novembre 2014) l’attribuzione del bonus al merito,  precisando che era necessario intervenire con il rinnovo contrattuale per assicurare a tutti i docenti non solo il recupero del potere d’acquisto salariale, ma anche un adeguamento agli stipendi europei.
Dal piano delle 100.000 assunzioni sono esclusi i docenti di religione. Riteniamo tale miope decisione del Governo una palese discriminazione nei confronti di questi lavoratori della scuola, che educano i nostri studenti all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace. Non aver accolto la proroga della graduatoria del 2004, non aver dato una risposta alle legittime aspettative dei docenti precari di religione con 36 mesi di servizio, non aver inserito l’indizione del nuovo concorso per l’insegnamento della religione, vuol dire che questo Governo ritiene l’insegnamento della religione un fattore soltanto aggiuntivo al funzionamento delle istituzioni scolastiche. Ostinarsi dunque su questa strada - da parte del Governo -  vuol dire avviare un processo di lenta e graduale marginalizzazione dell’insegnamento della religione.
Risulta penalizzante per i docenti di religione di ruolo, qualora siano presenti nelle Gae o nelle graduatorie del concorso del 2012 per altri insegnamenti, essere esclusi del piano straordinario delle assunzioni. Riteniamo che tale esclusione sia incostituzionale per i docenti di religione, i quali non possono passare dall’insegnamento della religione a quello di altre discipline. (Ovviamente questi docenti potranno ricorrere con noi per vedere tutelato il loro diritto costituzionale).
L’art. 14, infine, stravolge la Sentenza della Corte di giustizia europea che ha intimato, al superamento dei 36 mesi di servizio, di riqualificare i contratti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. Tale articolo sancisce, invece, che i contratti di lavoro non potranno superare i 36 mesi. Occorre quindi tutelare i docenti incaricati annuali affinché possano avere certezze per il loro futuro lavorativo.  Non è accettabile, infatti, se vogliamo fare uno dei tanti esempi,  che i colleghi incaricati annuali – non avendo un posto a tempo indeterminato - non possano nemmeno realizzare il sogno di accendere un mutuo per l’acquisto della casa per la propria famiglia.
Un’ultima considerazione da fare riguarda le deleghe al Governo stabilite all’art.23 comma 2, lettera b) dove si afferma che i docenti - dopo aver vinto un concorso -  non saranno più assunti a tempo indeterminato, ma con un contratto di apprendistato della durata di tre anni. Ciò vuol dire che avranno una retribuzione corrispondente a quella dell’apprendistato, quindi inferiore alla attuale retribuzione iniziale. Al superamento del triennio, se tutto andrà per il verso giusto, saranno assunti a tempo indeterminato: evidentemente il sistema di reclutamento a tutele crescenti è servito anche per i docenti!   A questo punto,  il prossimo passo per il Governo  sarà, come ho già scritto il 5 gennaio scorso, poter licenziare i dipendenti pubblici per motivi economici e tra i dipendenti pubblici – non dimentichiamolo - ci sono i docenti della scuola italiana; insomma la privatizzazione della scuola è realizzata.
Oggi la Camera dei Deputati, incurante della forte opposizione di tutto il mondo della scuola, ha approvato il ddl di una mostruosa scuola. A tutto ciò non si può rimanere indifferenti. La mobilitazione continua affinché al Senato siano apportate modifiche significative.
 
Orazio Ruscica

 
 
Snadir - Professione i.r. - 20 maggio 2015

 

;